“IO CREDO IN DIO”

Il tema di oggi è strettamente collegato a quello del mese scorso. Nell’ultimo incontro siamo stati chiamati a fare la nostra “professione di coppia” che nella preghiera abbiamo rivolto a Dio, oggi siamo invitati a soffermarci sul “Credo in Dio” che professiamo ogni volta che liturgicamente la comunità si riunisce per celebrazione l’eucaristica domenicale. Lo faremo con tre momenti di ascolto: la Parola di Dio, la parola del magistero e l’esperienza di una comunità cristiana.

 

Ascoltiamo Dio che parla

Dal libro dell’Èsodo

[Es 3.1-8.13-15]

In quei giorni, mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb. L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio.Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele». Mosè disse a Dio: «Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi”. Mi diranno: “Qual è il suo nome?”. E io che cosa risponderò loro?». Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». E aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: “Io Sono mi ha mandato a voi”». Dio disse ancora a Mosè: «Dirai agli Israeliti: “Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi”. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione».

Parola di Dio

 

Ascoltiamo Il magistero della chiesa

[ Dall’ Udienza generale di Benedetto XVI del 23 gennaio 2013]

“ ….Credo in Dio, che cosa significa questo per noi? Quando affermiamo: “Io credo in Dio”, diciamo come Abramo: “Mi fido di Te; mi affido a Te, Signore”, ma non come a Qualcuno a cui ricorrere solo nei momenti di difficoltà o a cui dedicare qualche momento della giornata o della settimana. Dire “Io credo in Dio” significa fondare su di Lui la mia vita, lasciare che la sua Parola la orienti ogni giorno, nelle scelte concrete, senza paura di perdere qualcosa di me stesso. Quando, nel Rito del Battesimo, per tre volte viene richiesto: “Credete?” in Dio, in Gesù Cristo, nello Spirito Santo, la santa Chiesa Cattolica e le altre verità di fede, la triplice risposta è al singolare: “Credo”, perché è la mia esistenza personale che deve ricevere una svolta con il dono della fede, è la mia esistenza che deve cambiare, convertirsi.  Ogni volta che partecipiamo ad un Battesimo dovremmo chiederci come viviamo quotidianamente il grande dono della fede. Abramo, il credente, ci insegna la fede; e, da straniero sulla terra, ci indica la vera patria. La fede ci rende pellegrini sulla terra, inseriti nel mondo e nella storia, ma in cammino verso la patria celeste. Credere in Dio ci rende dunque portatori di valori che spesso non coincidono con la moda e l’opinione del momento, ci chiede di adottare criteri e assumere comportamenti che non appartengono al comune modo di pensare. Il cristiano non deve avere timore di andare “controcorrente” per vivere la propria fede, resistendo alla tentazione di “uniformarsi”. In tante nostre società Dio è diventato il “grande assente” e al suo posto vi sono molti idoli, diversissimi idoli e soprattutto il possesso e l’”io” autonomo. E anche i notevoli e positivi progressi della scienza e della tecnica hanno indotto nell’uomo un’illusione di onnipotenza e di autosufficienza, e un crescente egocentrismo ha creato non pochi squilibri all’interno dei rapporti interpersonali e dei comportamenti sociali. Eppure, la sete di Dio (cfr. Sal 63,2) non si è estinta e il messaggio evangelico continua a risuonare attraverso le parole e le opere di tanti uomini e donne di fede. Abramo, il padre dei credenti, continua ad essere padre di molti figli che accettano di camminare sulle sue orme e si mettono in cammino, in obbedienza alla vocazione divina, confidando nella presenza benevola del Signore e accogliendo la sua benedizione per farsi benedizione per tutti. È il mondo benedetto della fede a cui tutti siamo chiamati, per camminare senza paura seguendo il Signore Gesù Cristo. Ed è un cammino talvolta difficile, che conosce anche la prova e la morte, ma che apre alla vita, in una trasformazione radicale della realtà che solo gli occhi della fede sono in grado di vedere e gustare in pienezza. Affermare “Io credo in Dio” ci spinge, allora, a partire, ad uscire continuamente da noi stessi, proprio come Abramo, per portare nella realtà quotidiana in cui viviamo la certezza che ci viene dalla fede: la certezza, cioè, della presenza di Dio nella storia, anche oggi; una presenza che porta vita e salvezza, e ci apre ad un futuro con Lui per una pienezza di vita che non conoscerà mai tramonto. “

Ascoltiamo la riflessione della comunità cristiana

Dal Sussidio per la catechesi degli adulti “Credo in Dio Padre” della Diocesi di Bologna (2012)

“Il Credo o il Simbolo della fede cristiana si apre con l’affermazione: credo in unum Deum. Dio è il tema fondamentale della teologia. Ma Dio è una parola usata ed abusata alla quale non sempre corrisponde lo stesso concetto. Prima di definire la questione di Dio, è necessario affermare cosa si intenda per Dio. Del resto Dio è la domanda fondamentale, il problema dei problemi, risolvendo il quale tutto cambia di prospettiva.

…. Il simbolo della nostra fede si apre con un’affermazione perentoria: «Credo». Un verbo che viene ripetuto insistentemente quattro volte e che si sviluppa, quale sua propria conseguenza, in altri due verbi fondamentali per la nostra fede: «professo» e «aspetto». Tutti i verbi sono posti al presente indicativo e alla prima persona singolare. Ciò significa che il nostro credere, pur radicandosi nella comune ed unica fede della comunità credente, in cui noi tutti siamo inseriti e di cui tutti partecipiamo, ci interpella direttamente e individualmente. E’ quindi il nostro io, la nostra persona, colta in ogni sua dimensione espressiva, spirituale, corporale, morale, psicologica e sociale, che crede. Come dire che la fede ci investe nella nostra totalità, qui, nel nostro oggi, nella nostra quotidianità. E’ una fede quindi esigente, che non si accontenta di qualche gesto ripetitivo, di qualche preghiera, di una rigorosa osservanza di comandamenti o precetti vari, ma interpella soprattutto il nostro cuore e la nostra mente e si colloca alla radice ultima del nostro essere persone. Pretende di diventare e di essere la forma mentis abituale del nostro vivere.

Che cosa significa credere? Secondo una suggestiva etimologia medievale credere significherebbe «cor dare», dare il cuore, rimetterlo incondizionatamente nelle mani di un Altro, quindi credere vuol dire consegna, abbandono, fiducia, garanzia, sicurezza. Non si tratta, dunque, soltanto di credere in qualcosa, ma soprattutto di aderire esistenzialmente a ciò che si professa nella fede. Il nostro credere, pertanto, si snoda su due binari: l’oggetto della fede (la fides quae), in cui si crede, che richiede un atto intellettivo e razionale, aprendoci in tal modo alla comprensione di ciò che crediamo; e la risposta esistenziale (la fides qua) alla realtà che ci si svela. Non può esserci vera fede se manca uno soltanto di questi due elementi. Da qui la necessità per ogni credente di approfondire le realtà della propria fede, perché ciò che si crede si trasformi in fede vissuta.

…… Ciò significa che il credere coinvolge dinamicamente tutta la nostra vita in ogni suo aspetto. Agostino era solito distinguere la portata del verbo credere secondo tre sfumature: «credere Deum», cioè credere che Dio esiste, il «credere Deo», cioè credere a Dio che si rivela e mi parla con la sua parola, il «credere in Deum», che esprime lo slancio dell’adesione totale, libera e definitiva di se stessi verso Dio. Non si crede con l’intelletto soltanto, sarebbe una fede incompiuta, ma soprattutto con la vita. E’ significativo, ad esempio, che in tutto il Vangelo di Giovanni il verbo credere compaia ben 87 volte, mentre il termine fede si presenta soltanto due volte (Gv 14,1b). Infatti per Giovanni il credere non è un atto intellettivo, ma è un accogliere nella propria esistenza il Cristo “

 

Per la riflessione di coppia:

S. Agostino era solito distinguere la portata del verbo credere secondo tre sfumature: «credere Deum», cioè credere che Dio esiste, il «credere Deo», cioè credere a Dio che si rivela e mi parla con la sua parola, il «credere in Deum», che esprime lo slancio dell’adesione totale, libera e definitiva di se stessi verso Dio. Non si crede con l’intelletto soltanto, sarebbe una fede incompiuta, ma soprattutto con la vita”. Pensate che la definizione di Agostino possa essere per voi “l’abito su misura” o “l’abito stretto”?

Abito su misura significa ritrovarsi in questa triplice definizione e metterla in atto attraverso una reale conversione di vita.

Abito stretto significa “scomodo” perché il credere non diventa un atto passivo (si può credere che Dio esiste, ma di fatto vivere senza Dio) , ma attivo. Dapprima con l’ascolto della sua parola (e quindi presuppone che io ponga attenzione a ciò che sento) e poi con il cammino verso Dio e verso gli altri (e quindi richiede un impegno continuo che può complicare la routine quotidiana e ci fa prendere scelte non sempre facili).

 

“Io credo in Dio” significa fondare su di Lui la mia vita, lasciare che la sua Parola la orienti ogni giorno, nelle scelte concrete, senza paura di perdere qualcosa di me stesso”. Vi siete mai chiesti in che modo Dio è presente nella vostra vita di coppia? Nelle vostre scelte quotidiane vi lasciate orientare dalla sua Parola? Le piccole o le grandi scelte della vita di coppia sono prese con Dio nella preghiera?

 

Credere in Dio ci rende dunque portatori di valori che spesso non coincidono con la moda e l’opinione del momento, ci chiede di adottare criteri e assumere comportamenti che non appartengono al comune modo di pensare. Il cristiano non deve avere timore di andare “controcorrente” per vivere la propria fede, resistendo alla tentazione di “uniformarsi”.

Qual è il “modello di coppia” che “portate” nella quotidianità?In che cosa pensate di essere “controcorrente”e in che cosa pensate di “uniformarvi alla mentalità di questo mondo”?

 

Condividiamo con gli altri  la nostra riflessione

 

Concludiamo pregando:

Condividiamo la stessa speranza,
lo stesso ideale, lo stesso modo di vivere,
lo stesso atteggiamento di servizio.
Ambedue fratelli e servi dello stesso Signore,
senza divisione nella carne e nello spirito,
insieme preghiamo, insieme ci inginocchiamo
e insieme facciamo digiuno. Istruiamoci l'un l'altro,

l'un l'altro esortiamoci, sosteniamoci a vicenda.

Insieme stiamo nella santa assemblea,
insieme alla mensa del Signore,
insieme nella prova,
nella persecuzione, nella gioia.
Nulla nascondiamo l'un l'altro,
non ci evitiamo l'un l'altro,
l'un l'altro non siamo di peso.
Volentieri facciamo visita agli ammalati,
volentieri assistiamo i bisognosi,
senza malavoglia facciamo elemosina
senza fretta partecipiamo al sacrificio,
senza sosta assolviamo ogni giorno i nostri impegni. Ignoriamo i segni di croce furtivi,
rendiamo grazie senza reticenze,
benediciamo senza vergogna nella voce.
Salmi e inni recitiamo a voci alternate
Ed insieme gareggiamo
Nel cantare le lodi al nostro Dio.
Vedendo e sentendo questo,
Cristo gioisce e ci manda la sua pace.
Là dove sono i due sposi, ivi è anche Cristo.

Vivete nella Fede, trasmettetela ai figli, testimoniatela nella vita.

 

 (Tertulliano, Alla moglie)