INCONTRO CON I PARROCI E IL CLERO DELLA DIOCESI DI ROMA
DISCORSO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI
Aula delle Benedizioni
Giovedì, 7 febbraio 2008
(Don Daniele Salera, vicario parrocchiale a Santa Maria Madre del Redentore a Tor Bella Monaca, insegnante di religione)
Santità, sono don Daniele Salera, sacerdote da 6 anni, vicario parrocchiale a Tor Bella Monaca ed ivi insegnante di religione. Nel leggere la Vostra lettera sul compito urgente dell’educazione, ho annotato alcuni aspetti per me significativi sui quali mi piacerebbe dialogare con Lei. Anzitutto trovo importante il Suo indirizzo alla diocesi e alla città. Questa distinzione dà ragione delle diverse identità che la compongono ed interpella, nella libertà a cui Lei, Santità fa cenno, anche i non credenti. Vorrei trasmettervi in questi pochi istanti la bellezza del lavorare nella scuola con colleghi che per motivi vari non hanno più una fede viva o non si riconoscono più nella Chiesa, eppure mi sono di esempio nella passione educativa e nel recupero di adolescenti che già hanno una vita segnata dal crimine e dal degrado. Colgo in tante persone con cui lavoro a Tor Bella Monaca una vera e propria ansia missionaria. Per strade diverse, ma convergenti, lottiamo contro quella crisi di speranza che è sempre dietro l’angolo quando ogni giorno si ha a che fare con ragazzi che sembrano interiormente morti, senza desideri per il futuro o così profondamente avvinti dal male da non riuscire a scorgere il bene che si vuole loro o le occasioni di libertà e di redenzione che comunque ci sono sul loro cammino. Di fronte ad una tale emergenza umana non c’è spazio per le divisioni, e allora spesso mi ripeto una frase di Papa Roncalli che diceva: «Cercherò sempre ciò che unisce, anziché ciò che divide». Santità, questa esperienza mi sta facendo vivere quotidianamente a contatto con ragazzi e adulti che non avrei mai incontrato concentrandomi solo sulle attività interne alla parrocchia ed osservo così che è vero: tanti educatori stanno rinunciando all’etica in nome di un’affettività che non dà certezze e crea dipendenza. Altri hanno paura di difendere le regole della convivenza civile perché pensano che esse non diano ragione dei bisogni, delle difficoltà e delle identità dei giovani. Con uno slogan, direi che a livello educativo viviamo in una cultura del «sì sempre» e «no mai». Ma è il «no» detto con amorevole passione per l’uomo e il suo futuro che spesso delimita il confine tra il bene e il male; confine che nell’età evolutiva è fondamentale per la costruzione di identità personali solide. E da una parte sono dunque convinto che di fronte all’emergenza le diversità si attenuano, e dunque, sul piano educativo possiamo veramente trovare un tavolo comune con chi in libertà non si dice propriamente credente; dall’altra, mi chiedo perché noi Chiesa che tanto abbiamo scritto, pensato e vissuto circa l’educazione come formazione al retto uso della libertà — come Lei dice — non riusciamo a far passare questo obiettivo educativo? Perché appariamo mediamente così poco liberati e liberanti?
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Il Papa: "La vita deve essere difesa specie se è fragile"
No ad aborto ed eutanasia
Città del Vaticano – La vita deve essere essere "tutelata" e "servita" sempre ,"ancora più quando essa è fragile e bisognosa di attenzioni e cure, sia prima della nascita che nella sua fase terminale". Papa Benedetto XVI, prima della tradizione preghiera dell’Angelus in Piazza San Pietro è tornato sul grande tema della vita. Il nuovo appello di Ratzinger contro l’aborto e l’eutanasia ha preso spunto dalla "Giornata per la Vita", promossa dalla Conferenza episcopale italiana, che si celebra oggi in tutte le parrocchie del Paese.
Messaggio del Consiglio Episcopale Permanente per la 30a Giornata nazionale per la vita 3 febbraio 2008
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