“L’INCARNAZIONE”

 

Introduzione

Dopo aver riflettuto negli incontri precedenti sulla figura di Gesù “Signore” e di Cristo “luce e verità” entriamo oggi ancor di più nel mistero di Dio. Lo facciamo, partendo come al solito dal Credo e soffermandoci sul mistero dell’Incarnazione. Tralasciamo per oggi i vangeli dell’infanzia e lasciamoci guidare da San Paolo, di cui ieri abbiamo ricordato liturgicamente la conversione sulla via di Damasco, nel suo bellissimo inno alla comunità di Filippi. Lo faremo anche ascoltando le parole di Benedetto XVI in un suo bellissimo commento a questo testo e dalle parole, da lui citate, di S.Gregorio Nazianzeno.

La comunità di Filippi fu fondata da Paolo con Silvano e Timoteo nel secondo viaggio. Paolo e i suoi accompagnatori poterono fermarsi a Filippi solo per poco tempo, per le difficoltà avute con le autorità romane. Lo si ricava da Atti 16,19ss, da 1Tess 2,2 («Dopo aver prima sofferto e subito oltraggi a Filippi, come ben sapete, abbiamo avuto il coraggio ecc.»), e da Fil 1,30 («… sostenendo la stessa lotta che mi avete veduto sostenere»). Paolo tornò a Filippi nel terzo viaggio per andare incontro a Tito che veniva da Corinto, e che portava buone notizie. È possibile e probabile che a Filippi abbia scritto la 2Cor. Infine, dopo avere visitato Corinto, mentre andava a Gerusalemme a portare la colletta, passò a Filippi l’ultima Pasqua in libertà (Atti 20,6).

Nonostante le scarse visite, Paolo mantenne con i cristiani di Filippi intense relazioni, e da essi accettò ripetutamente sovvenzioni finanziarie: cf. Fil 4,15-16 per il tempo in cui stava a Tessalonica; 2Cor 11,8-9 per il tempo in cui stava a Corinto; Fil 2,25 4,18 per la prigionia dalla quale scrive la lettera.

 

Ascoltiamo la Parola

Dalla lettera di S.Paolo Apostolo ai Filippesi (2,6-11)

Cristo, pur essendo di natura divina, 
non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio;
 
ma spogliò se stesso,assumendo la condizione di servo 
e divenendo simile agli uomini
Apparso in forma umana, 
umiliò se stesso facendosi obbediente 
fino alla morte e alla morte di croce.
Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome 
che è al di sopra di ogni altro nome;
perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi 
nei cieli, sulla terra e sotto terra;e ogni lingua proclami
che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre.
Parola di Dio

 

La Tradizione e il Magistero della Chiesa

“Seguendo il percorso proposto dalla Liturgia dei Vespri coi vari Salmi e Cantici, guardiamo al mirabile ed essenziale inno incastonato da San Paolo nella Lettera ai Filippesi (2,6-11). Il testo comprende un duplice movimento: discensionale e ascensionale.

Nel primo, Cristo Gesù, dallo splendore della divinità che gli appartiene per natura sceglie di scendere fino all’umiliazione della «morte di croce». Egli si mostra così veramente uomo e nostro redentore, con un’autentica e piena partecipazione alla nostra realtà di dolore e di morte.

Il secondo movimento, quello ascensionale, svela la gloria pasquale di Cristo che, dopo la morte, si manifesta nuovamente nello splendore della sua maestà divina. Il Padre, che aveva accolto l’atto di obbedienza del Figlio nell’Incarnazione e nella Passione, ora lo «esalta» in modo sovraeminente, come dice il testo greco.

Questa esaltazione è espressa non solo attraverso l’intronizzazione alla destra di Dio, ma anche con il conferimento a Cristo di un «nome che è al di sopra di ogni altro nome» (v. 9). Ora, nel linguaggio biblico il «nome» indica la vera essenza e la specifica funzione di una persona, ne manifesta la realtà intima e profonda. Al Figlio, che per amore si è umiliato nella morte, il Padre conferisce una dignità incomparabile, il «Nome» più eccelso, quello di «Signore», proprio di Dio stesso………
Affidiamoci ora alla meditazione che San Gregorio Nazianzeno ha intessuto sapientemente sul nostro inno. In un carme in onore di Cristo il grande Dottore della Chiesa del IV secolo dichiara che Gesù Cristo

«non si spogliò di nessuna parte costitutiva della sua natura divina, e ciò nonostante mi salvò come un guaritore che si china sulle fetide ferite… Era della stirpe di David, ma fu il creatore di Adamo. Portava la carne, ma era anche estraneo al corpo. Fu generato da una madre, ma da una madre vergine; era circoscritto, ma era anche immenso. E lo accolse una mangiatoia, ma una stella fece da guida ai Magi, che arrivarono portandogli dei doni e davanti a lui piegarono le ginocchia.

Come un mortale venne alla lotta con il demonio, ma, invincibile com’era, superò il tentatore con un triplice combattimento… Fu vittima, ma anche sommo sacerdote; fu sacrificatore, eppure era Dio. Offrì a Dio il suo sangue, e in tal modo purificò tutto il mondo. Una croce lo tenne sollevato da terra, ma rimase confitto ai chiodi il peccato…

Andò dai morti, ma risorse dall’inferno e risuscitò molti che erano morti. Il primo avvenimento è proprio della miseria umana, ma il secondo si addice alla ricchezza dell’essere incorporeo… Quella forma terrena l’assunse su di sé il Figlio immortale, perché egli ti vuol bene» (Carmina arcana, 2: Collana di Testi Patristici, LVIII, Roma 1986, pp. 236-238).

Alla fine di questa meditazione vorrei per la nostra vita sottolineare due parole: questo ammonimento di San Paolo: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù”. Imparare, sentire come sentiva Gesù, conformare il nostro modo di pensare, di decidere, di agire con i sentimenti di Gesù. Se prendiamo questa strada, viviamo bene e prendiamo la strada giusta. L’altra è la parola di San Gregorio Nazianzeno: “Egli, Gesù, ti vuol bene”. Questa parola di tenerezza è per noi una grande consolazione, un conforto e anche una grande responsabilità giorno per giorno”.
                                                           Benedetto XVI L’Osservatore Romano, 27-10-2005

 

Riflessione di coppia

  • La comunità di Filippi ha molto amato Paolo e mostra nei suoi riguardi una grande cura. Paolo ha trovato nella comunità un grande aiuto e sostegno per la sua missione. Dio inviando il Figlio nel mondo si prende cura dell’uomo. In che modo sulla scia di Dio e della comunità di Filippi mi prendo cura di mio/mia marito/moglie? Quali sono le attenzioni che ho verso di lui/lei?
  • Tre sono le parole che emergono dal testo dei filippesi: spoliazione, servizio, umiltà. Sono l’essenza dell’Incarnazione, dello sposalizio tra Dio e l’umanità. L’incarnazione è il matrimonio tra Dio “sposo” e l’umanità “sposa”. E’ la strada che Dio ha scelto per condurre l’uomo alla salvezza, alla santità. In che misura questi elementi sono presenti nella vostra vita di coppia e quali sono le difficoltà che incontrate nel viverle nella vostra vita. A mio parere ritengo che la prima, la spoliazione, sia possibile solo se le altre due sono elementi solidi della personale vita di fede.

 

Condivisione tra coppia

Prossimo appuntamento il 16 Febbraio. Rifletteremo sul ministero di Gesù.