Alcune riflessioni sugli Atti degli Apostoli
1. Autore e composizione
(Testi di riferimento: Charles K. Barrett, Atti, vol.1 Paideia Brescia 2003 S.fausti, Atti degli Apostoli,Bologna 2013)
A partire dal 200 d.C. gli scrittori ecclesiastici sostengono che il terzo vangelo e gli Atti fossero dello stesso autore, Luca compagno di Paolo:
Eusebio di Cesarea nella Historia Ecclesiastica 3,4,1:
“Che Paolo, predicando ai Gentili, abbia posto le fondamenta delle Chiese da Gerusalemme e dai suoi dintorni fino all’Illirico, è evidente dalle sue stesse parole e da ciò che narrò Luca negli Atti.
Anche Pietro riferisce d’aver trasmesso la dottrina del Nuovo Testamento ai circoncisi predicando il Vangelo di Cristo, come è chiaro dalla sua lettera che abbiamo detto riconosciuta, e che egli scrisse a quanti degli Ebrei vivono nella diaspora del Ponto, della Galazia, della Cappadocia, dell’Asia e della Bitinia. Non è facile dire quanti dei loro discepoli e quali, divenuti veramente zelanti, diedero prova di saper condurre il gregge delle Chiese da loro fondate, se si eccettuano i nomi che si possono raccogliere dalla testimonianza di Paolo. Di quest’ultimo furono infatti numerosissimi i collaboratori e, come egli stesso li definì, i compagni d’armi, la maggior parte dei quali furono da lui ritenuti degni di memoria imperitura, giacché ne dà testimonianza incessante nelle sue stesse lettere. Inoltre anche Luca, negli Atti, ricorda i suoi discepoli, riportandone il nome”. Ancora al 3,4,6 dice “Luca, antiocheno d’origine e medico di professione, visse a lungo con Paolo, e anche gli altri apostoli non li frequentò di sfuggita, poiché da loro apprese l’arte di curare le anime, di cui ci lasciò l’esempio nei suoi due libri ispiratigli da Dio: il Vangelo, che egli testimonia d’aver composto in base a ciò che tramandarono quanti fin da principio furono testimoni oculari e ministri della dottrina, precisando anche di essersi accuratamente informato su ogni cosa dalle origini; e gli Atti degli apostoli, che redasse non più in base a ciò che udì, ma a ciò che vide con i propri occhi .
Sempre Eusebio a proposito degli scritti del Nuovo Testamento e del loro ordine dice in 3,25,1:
“A questo punto ci pare giusto riepilogare gli scritti del Nuovo Testamento fin qui citati. In primo luogo è doveroso elencare la santa tetrade dei Vangeli, cui segue il libro degli Atti degli apostoli”
Gli Atti occupano dunque la posizione che hanno tutt’ora e connettono l’attività di Gesù con quella della chiesa e degli apostoli.
Qualche tempo dopo Girolamo (342-420). Nella cui bibbia latina , erano inclusi gli Atti, così riepilogò nella sua opera “De Viris Illustribus” (Sugli uomini illustri) scritta a Betlemme nel 392. L’opera contiene 135 brevi biografie sui personaggi del NT. Al n.7 dice:“Luca medico di Antiochia, non era ignaro della lingua greca, come mostrano i suoi scritti. Seguace dell’apostolo Paolo e suo compagno in tutti i suoi viaggi, scrisse il vangelo, del quale lo stesso Paolo dice: ”abbiamo mandato con lui il fratello la cui lode è nel vangelo in tutte le chiese” e ai Colossesi “Luca, l’amato medico, vi saluta” e a Timoteo “soltanto Luca è con me. Egli ha pubblicato anche un altro eccellente volume dal titolo “Atti degli Apostoli”, il suo racconto si estende fino al biennio del soggiorno di Paolo a Roma, vale a dire fino al quarto anno di Nerone”
Sono di questo periodo le liste dei libri canonici del NT. Nel IV sec. era accettato un NT identico o quasi a quello attuale e che ovviamente comprende gli Atti. La lista di Cheltenham (360 d.C):
Quattro vangeli:
Matteo 2700 versetti (linee)
Marco 1700 versetti
Giovanni 1800 versetti
Luca 3300 versetti
Lettere di Paolo 13 di numero
Atti degli Apostoli 3600 versetti
L’Apocalisse 1880 versetti
Alcune iniziali conclusione: dagli scrittori ecclesiastici presi in esame, anche se non riportati in questo scritto, risulta che:
- Il libro degli Atti è stato scritto da Luca
- Nel IV sec. d.C l’ordine riportato del NT e come quello attuale: vangeli+Atti
- Luca compare negli scritti paolini. Era medico, membro della comunità di Antiochia, compagno di Paolo a Filippi. Gerusalemme e Roma
- Non ha conosciuto Gesù e si rivolge ai cristiani di 3 generazione che non hanno conosciuto Gesù
- Secondo alcune fonti (cfr Silano Fausti) nel 150 d.C. i vangeli sono stati separati dagli Atti degli Apostoli
- Luca scrive il suo Vangelo nel 70-80 d.C, quindi gli Atti sono + o – dello stesso periodo. Usa nello scritto il “noi” quindi anche se non ha conosciuto personalmente Gesù, vive da protagonista l’annuncio del vangelo
2. Piano del libro ( il testo di riferimento sarà: D.Attinger, Atti degli Apostoli, La Parola cresceva, ed. Qiqaion – Comunitò di Bose)
Un testo è suscettibile di più interpretazioni e quindi di più architetture.
- Tradizionalmente, si suddividevano gli Atti degli apostoli in due grandi parti consacrate ai due principali protagonisti: Pietro (cc. 1-12) e Paolo (cc. 13-28).
- Più recentemente, sottolineando l’importanza delle ultime parole di Gesù: “Di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra” (At 1,8) si e proposto un altro piano, sempre in due parti. Una prima (cc. 1-15) mostra come l’evangelo si radica saldamente a Gerusalemme e come, da questo centro, si estende in diverse province orientali dell’impero; in questa parte si assiste allo sviluppo teologico della chiesa: l’evangelo raggiunge ebrei, proseliti, samaritani e pagani, cioè tutte le categorie umane possibili. Questo sforzo missionario sfocia naturalmente nell’assemblea di Gerusalemme (c. 15). La seconda parte inizia da questa assemblea che è il punto di partenza di nuove missioni che devono permettere alla chiesa di raggiungere la sua piena statura geografica: l’evangelo arriva a Roma, segno che nulla potrà impedire alla testimonianza apostolica di raggiungere le estremità del mondo (dalla fine del c. 15 al c. 28).
- A partire dallo stesso testo di Atti 1,8, si potrebbero anche immaginare le seguenti grandi suddivisioni: Gerusalemme (cc. 1-7), Samaria e Giudea (cc. 8-12), apertura ai pagani e viaggio verso Roma (cc. 13-28); questo piano però misconosce il posto centrale che certamente Luca attribuisce all’assemblea di Gerusalemme.
- Interessante notare la presenza di una specie di ritornello sul progresso della parola del Signore:
La parola di Dio cresceva (At 6,7).
La parola di Dio cresceva e si moltiplicava (At 12,24).
Insegnavano e annunciavano la gioiosa notizia della parola del Signore (At 15,35).
Così la parola del Signore cresceva e si rafforzava (At 19,20).
[Paolo] proclamava il regno di Dio e insegnava le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo, con tutta franchezza e senza impedimento (At 7.8,31).
Aggiungiamo ancora la bella formula del discorso di Paulo a Mileto:
E ora vi affido al Signore e alla Parola della sua grazia, che ha la potenza di edificare e di
concedere l’eredità fra tutti quelli che da lui sono santificati (At 20,32).
Questo ritornello sembra indicate che i racconti che lo precedono narrano il grande e irresistibile progredire non tanto della missione degli apostoli, quanto della parola stessa di Dio nel mondo.
Ecco uno schema di lettura:
1,1-11 Prologo e Ascensione del Cristo.
1,12-6,7 I. La Parola si diffonde a Gerusalemme.
6,8-12,25 II. I testimoni: Stefano, Paolo e Pietro. L’evangelo raggiunge i pagani.
12,26-15,35 III. Prima missione fra i pagani, o l’assemblea di Gerusalemme.
15,36-21,16 IV. Le missioni di Paolo.
21,17-28,16 V. La “passione” di Paolo.
28,17-31 Conclusione: la Parola non è incatenata.
3. La diffusione della Parola di Dio
At 1,8 “…ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra”.
Gerusalemme (cc. 1-8a) – Persecuzione di Stefano e dispersione (8,1b-3)
–> Giudea [c.8] Samaria <–
–> La conversione di Paolo (c. 9,1-19)
“ … fino agli estremi confini della terra”
Viaggi missionari di Paolo :
- Viaggio – cc. 13-14 Gerusalemme [c.15 sinodo di Gerusalemme]
- Viaggio – cc. 15,36-18,22 Filippi-Tessalonica-Atene-Corinto
- Viaggio – cc. 18,23-26,32 Efeso-Gerusalemme-Cesarea Marittima
- Viaggio – cc. 27,1-28,30 Roma
4. Prologo (1,1-11)
“Nel mio primo libro ho gia trattato, o Teòfilo, di tutto quello che Gesù fece e insegnò dal principio [fino al giorno in cui, dopo aver dato istruzioni agli apostoli che si era scelti nello Spirito Santo, egli fu assunto in cielo. Egli si mostrò ad essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni e parlando del regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere che si adempisse la promessa del Padre «quella, disse, che voi avete udito da me: Giovanni ha battezzato con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo, fra non molti giorni». Così venutisi a trovare insieme gli domandarono: «Signore, è questo il tempo in cui ricostituirai il regno di Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta, ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra».Detto questo, fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo. E poiché essi stavano fissando il cielo mentre egli se n’andava, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: [Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo”.
Alcune considerazioni:
- “nel mio primo libro”, Luca inizia il testo degli Atti facendo un passo indietro. Si collega ad un suo scritto precedente di cui ricorda il nucleo fondamentale: Gesù maestro e guaritore- la sua passione-morte-risurrezione (apparizioni)- il dono della Pentecoste (cfr. in Paolo 1Cor 15,3-11: “Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. [7]Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto. Io infatti sono l’infimo degli apostoli, e non sono degno neppure di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio però sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana; anzi ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me. Pertanto, sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto”). Luca e Paolo “trasmettono” quello che hanno ricevuto: il kerigma
- “Teofilo” due interpretazioni: colui che ha commissionato l’opera b. “l’amante di Dio” tutti coloro che cercano la verità. Potrebbe aver scritto l’opera per una sola persona o per tutti coloro che sono alla ricerca di Dio
- Scrive gli Atti non per raccontare le gesta dei due grandi apostoli “Pietro e Paolo” (protagonisti il primo nella prima parte del libro e il secondo nei capitoli restanti) ma per evidenziare come gli apostoli abbiano obbedito al comando di Gesù di portare la Parola di Dio fino agli estremi confini della terra. Il testo viene composto nel 70/80, Paolo e Pietro sono già stati martirizzati, Luca ne è sicuramente a conoscenza, ma il fatto che si fermi all’annunzio di Paolo del vangelo a Roma esprime quanto detto sopra, che scrive il vangelo per evidenziare il cammino della Parola di Dio.
5. Il Concilio di Gerusalemme
“Ora alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli questa dottrina: «Se non vi fate circoncidere secondo l’uso di Mosè, non potete esser salvi».Poiché Paolo e Barnaba si opponevano risolutamente e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Barnaba e alcuni altri di loro andassero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione. Essi dunque, scortati per un tratto dalla comunità, attraversarono la Fenicia e la Samaria raccontando la conversione dei pagani e suscitando grande gioia in tutti i fratelli. Giunti poi a Gerusalemme, furono ricevuti dalla Chiesa, dagli apostoli e dagli anziani e riferirono tutto ciò che Dio aveva compiuto per mezzo loro. Ma si alzarono alcuni della setta dei farisei, che erano diventati credenti, affermando: è necessario circonciderli e ordinar loro di osservare la legge di Mosè. Allora si riunirono gli apostoli e gli anziani per esaminare questo problema. [Dopo lunga discussione, Pietro si alzò e disse: «Fratelli, voi sapete che gia da molto tempo Dio ha fatto una scelta fra voi, perché i pagani ascoltassero per bocca mia la parola del vangelo e venissero alla fede. E Dio, che conosce i cuori, ha reso testimonianza in loro favore concedendo anche a loro lo Spirito Santo, come a noi; e non ha fatto nessuna discriminazione tra noi e loro, purificandone i cuori con la fede. Or dunque, perché continuate a tentare Dio, imponendo sul collo dei discepoli un giogo che né i nostri padri, né noi siamo stati in grado di portare? Noi crediamo che per la grazia del Signore Gesù siamo salvati e nello stesso modo anche loro». Tutta l’assemblea tacque e stettero ad ascoltare Barnaba e Paolo che riferivano quanti miracoli e prodigi Dio aveva compiuto tra i pagani per mezzo loro. Quand’essi ebbero finito di parlare, Giacomo aggiunse: «Fratelli, ascoltatemi. Simone ha riferito come fin da principio Dio ha voluto scegliere tra i pagani un popolo per consacrarlo al suo nome. Con questo si accordano le parole dei profeti, come sta scritto: Dopo queste cose ritornerò e riedificherò la tenda di Davide che era caduta; ne riparerò le rovine e la rialzerò, perché anche gli altri uomini cerchino il Signore e tutte le genti sulle quali è stato invocato il mio nome, dice il Signore che fa queste cose da lui conosciute dall’eternità. Per questo io ritengo che non si debba importunare quelli che si convertono a Dio tra i pagani, ma solo si ordini loro di astenersi dalle sozzure degli idoli, dalla impudicizia, dagli animali soffocati e dal sangue. Mosè infatti, fin dai tempi antichi, ha chi lo predica in ogni città, poiché viene letto ogni sabato nelle sinagoghe». Allora gli apostoli, gli anziani e tutta la Chiesa decisero di eleggere alcuni di loro e di inviarli ad Antiochia insieme a Paolo e Barnaba: Giuda chiamato Barsabba e Sila, uomini tenuti in grande considerazione tra i fratelli. E consegnarono loro la seguente lettera: «Gli apostoli e gli anziani ai fratelli di Antiochia, di Siria e di Cilicia che provengono dai pagani, salute! Abbiamo saputo che alcuni da parte nostra, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con i loro discorsi sconvolgendo i vostri animi. Abbiamo perciò deciso tutti d’accordo di eleggere alcune persone e inviarle a voi insieme ai nostri carissimi Barnaba e Paolo, uomini che hanno votato la loro vita al nome del nostro Signore Gesù Cristo. [Abbiamo mandato dunque Giuda e Sila, che vi riferiranno anch’essi queste stesse cose a voce. Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi, di non imporvi nessun altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenervi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalla impudicizia. Farete cosa buona perciò a guardarvi da queste cose. State bene”.
E’ la svolta storica del cristianesimo. E’ il superamento di ogni barriera religiosa, culturale, sociale.
Ci ricorda Gal 3,28s “Non c’è più nè giudeo, né greco, nè schiavo, nè libero, né maschio, né femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. E se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa”.
Alcuni elementi:
- Inizialmente coloro che aderiscono alla fede sono tutti giudei ed è naturale per loro essere circoncisi e osservare la legge di Mosè. Il problema subentra nel momento in cui anche i pagani chiedono di aderire alla fede
- E’ un po’ alla volta che hanno capito che l’osservanza della legge non era necessaria: Pietro nell’episodio di Cornelio At 10: “Allora risuonò una voce che gli diceva: «Alzati, Pietro, uccidi e mangia!». [14]Ma Pietro rispose: «No davvero, Signore, poiché io non ho mai mangiato nulla di profano e di immondo». [15]E la voce di nuovo a lui: «Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo più profano». La svolta in Pietro “[34]Pietro prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, [35]ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto. [36]Questa è la parola che egli ha inviato ai figli d’Israele, recando la buona novella della pace, per mezzo di Gesù Cristo, che è il Signore di tutti.
- E’ un invito a non guardare alla diversità ma ad accogliere (non ad imporre) e dialogare
- E’ un invito a lasciarsi guidare dalla chiesa e da coloro che il Signore ha scelto per portare la salvezza a tutti gli uomini.
- Fermiamo la nostra attenzione sul magistero della chiesa, che insieme alla scrittura e alla tradizione [ cfr. i testi della Dei Verbum 7-10] sono i fondamenti del nostro credere. Rivolgiamoci ad alcune pagine del Concilio Vaticano II, nella costituzione Lumen Gentium sulla Chiesa ai nn. 24-25
24.“I vescovi, quali successori degli apostoli, ricevono dal Signore, cui è data ogni potestà in cielo e in terra, la missione d’insegnare a tutte le genti e di predicare il Vangelo ad ogni creatura, affinché tutti gli uomini, per mezzo della fede, del battesimo e dell’osservanza dei comandamenti, ottengano la salvezza (cfr. Mt 28,18-20; Mc 16,15-16; At 26,17 ss). Per compiere questa missione, Cristo Signore promise agli apostoli lo Spirito Santo e il giorno di Pentecoste lo mandò dal cielo, perché con la sua forza essi gli fossero testimoni fino alla estremità della terra, davanti alle nazioni e ai popoli e ai re (cfr. At 1,8; 2,1 ss; 9,15). L’ufficio poi che il Signore affidò ai pastori del suo popolo, è un vero servizio, che nella sacra Scrittura è chiamato significativamente « diaconia », cioè ministero (cfr. At 1,17 e 25; 21,19; Rm 11,13; 1 Tm 1,12). La missione canonica dei vescovi può essere data per mezzo delle legittime consuetudini, non revocate dalla suprema e universale potestà della Chiesa, o per mezzo delle leggi fatte dalla stessa autorità o da essa riconosciute, oppure direttamente dallo stesso successore di Pietro; se questi rifiuta o nega la comunione apostolica, i vescovi non possono essere assunti all’ufficio.
- Tra i principali doveri dei vescovi eccelle la predicazione del Vangelo. I vescovi, infatti, sono gli araldi della fede che portano a Cristo nuovi discepoli; sono dottori autentici, cioè rivestiti dell’autorità di Cristo, che predicano al popolo loro affidato la fede da credere e da applicare nella pratica della vita, la illustrano alla luce dello Spirito Santo, traendo fuori dal tesoro della Rivelazione cose nuove e vecchie (cfr. Mt 13,52), la fanno fruttificare e vegliano per tenere lontano dal loro gregge gli errori che lo minacciano (cfr. 2 Tm 4,1-4) . I vescovi che insegnano in comunione col romano Pontefice devono essere da tutti ascoltati con venerazione quali testimoni della divina e cattolica verità; e i fedeli devono accettare il giudizio dal loro vescovo dato a nome di Cristo in cose di fede e morale, e dargli l’assenso religioso del loro spirito. Ma questo assenso religioso della volontà e della intelligenza lo si deve in modo particolare prestare al magistero autentico del romano Pontefice, anche quando non parla « ex cathedra ». Ciò implica che il suo supremo magistero sia accettato con riverenza, e che con sincerità si aderisca alle sue affermazioni in conformità al pensiero e in conformità alla volontà di lui manifestatasi che si possono dedurre in particolare dal carattere dei documenti, o dall’insistenza nel proporre una certa dottrina, o dalla maniera di esprimersi. Quantunque i vescovi, presi a uno a uno, non godano della prerogativa dell’infallibilità, quando tuttavia, anche dispersi per il mondo, ma conservando il vincolo della comunione tra di loro e col successore di Pietro, si accordano per insegnare autenticamente che una dottrina concernente la fede e i costumi si impone in maniera assoluta, allora esprimono infallibilmente la dottrina di Cristo. La cosa è ancora più manifesta quando, radunati in Concilio ecumenico, sono per tutta la Chiesa dottori e giudici della fede e della morale; allora bisogna aderire alle loro definizioni con l’ossequio della fede. Questa infallibilità, della quale il divino Redentore volle provveduta la sua Chiesa nel definire la dottrina della fede e della morale, si estende tanto, quanto il deposito della divina Rivelazione, che deve essere gelosamente custodito e fedelmente esposto. Di questa infallibilità il romano Pontefice, capo del collegio dei vescovi, fruisce in virtù del suo ufficio, quando, quale supremo pastore e dottore di tutti i fedeli che conferma nella fede i suoi fratelli (cfr. Lc 22,32), sancisce con atto definitivo una dottrina riguardante la fede e la morale. Perciò le sue definizioni giustamente sono dette irreformabili per se stesse e non in virtù del consenso della Chiesa, essendo esse pronunziate con l’assistenza dello Spirito Santo a lui promessa nella persona di san Pietro, per cui non hanno bisogno di una approvazione di altri, né ammettono appello alcuno ad altro giudizio. In effetti allora il romano Pontefice pronunzia sentenza non come persona privata, ma espone o difende la dottrina della fede cattolica quale supremo maestro della Chiesa universale, singolarmente insignito del carisma dell’infallibilità della Chiesa stessa. L’infallibilità promessa alla Chiesa risiede pure nel corpo episcopale quando esercita il supremo magistero col successore di Pietro. A queste definizioni non può mai mancare l’assenso della Chiesa, data l’azione dello stesso Spirito Santo che conserva e fa progredire nell’unità della fede tutto il gregge di Cristo. Quando poi il romano Pontefice o il corpo dei vescovi con lui esprimono una sentenza, la emettono secondo la stessa Rivelazione, cui tutti devono attenersi e conformarsi, Rivelazione che è integralmente trasmessa per scritto o per tradizione dalla legittima successione dei vescovi e specialmente a cura dello stesso Pontefice romano, e viene nella Chiesa gelosamente conservata e fedelmente esposta sotto la luce dello Spirito di verità. Perché poi sia debitamente indagata ed enunziata in modo adatto, il romano Pontefice e i vescovi nella coscienza del loro ufficio e della gravità della cosa, prestano la loro vigile opera usando i mezzi convenienti però non ricevono alcuna nuova rivelazione pubblica come appartenente al deposito divino della fede.